L'ultimo caffè
Luca

Tutto iniziò quella fredda mattina d'inverno con la telefonata del mio collega Sergio D'Amicis. Entrambi siamo investigatori privati. Mi chiamò perché aveva bisogno di aiuto su un caso particolarmente complicato riguardante la morte di un ragazzo all'interno di un bar.


Una volta arrivato da lui parlammo del caso. La vittima era un ragazzo di ventuno anni: Alberto Verdi. Era uno studente universitario in medicina che, per pagarsi gli studi, lavorava come cameriere nel ristorante "Da Piero". Il corpo era stato rinvenuto all'interno del bar "Il Duomo". Con il referto dell'autopsia si era capito che la causa del decesso era un avvelenamento da cianuro mischiato al caffè. Si stimava che l'ora del decesso fosse compresa tra le otto e trenta e le nove e trenta del venti dicembre. I principali indiziati erano tre: Mario Rosati, Francesco Santi e Luigi Fabbri. I primi due erano dipendenti del bar. Quella mattina la vittima era insieme a Luigi Fabbri.


Io pensai che la prima cosa da fare fosse parlare con il dipendente che aveva preparato il caffè consumato dalla vittima: Francesco Santi. L'interrogatorio fu lungo, ma i risultati insoddisfacenti. Mi resi conto che l'indiziato non aveva detto tutto e insieme a Sergio decidemmo di approfondire le ricerche sulla vita di Santi.


Per fare ciò ci rivolgemmo a Mario Rosati. Lui ci disse che il signor Santi era un giocatore d'azzardo indebitato e che non era in buoni rapporti con la vittima; io concordai con Sergio che poteva essere un buon movente, ma non potevamo accusare Santi perché non avevamo prove e soprattutto non eravamo sicuri che fosse colpevole.


Ormai si era fatto buio e tornammo a casa. La mattina seguente interrogammo Luigi Fabbri. Sembrava una persona molto tranquilla e solare, ma tutto cambiò quando gli feci la seguente osservazione: "Alberto non è stato mai arrestato, però era un usuraio. Cosiò, quando è morto ho pensato subito alla vendetta di qualche giocatore indebitato." Sergio, proseguendo, domandò: "Lei sa se la vittima aveva affari con Francesco Santi?"


"Sì" rispose Fabbri.


Dopo questa notizia tornammo a parlare con Santi.


"Senta, ormai sappiamo che lei è un giocatore d'azzardo indebitato e sappiamo anche che ha chiesto soldi alla vittima, quindi le conviene confessare" dissi io.


Il presunto criminale cominciò ad agitarsi, e dopo qualche istante di silenzio confessò: "Io non volevo, però sono stato costretto. Lui mi aveva detto che se non gli avessi dato i soldi mi avrebbe ucciso, e quindi ho deciso di eliminarlo aggiungendo del cianuro nel suo caffè."


Così, l'assassino fu arrestato. Un altro caso era stato risolto.